sabato 15 marzo 2008

Mio caro Malacoda,

ho notato quanto mi dici sull'opportunità di dirigere le letture del paziente sottoposto alla tua cura, e di far sì che il più spesso possibile stia in compagnia di quel suo amico materialista.
Ma non ti pare di essere un pochino ingenuo? Le tue parole fan pensare che tu sia d'opinione che la DISCUSSIONE sia il metodo per tenerlo lontano dalle grinfie del Nemico.
Avrebbe potuto essere così se egli fosse vissuto alcuni secoli fa.
A quei tempi gli uomini avevano una coscienza ancora abbastanza chiara di quando una cosa veniva provata e di quando no; e, se gli argomenti eran convincenti, la credevano veramente.
Mantenevano ancora una relazione fra il pensare e l'agire, ed eran pronti, come risultato di una serie di ragionamenti, a mutar vita.
Ma, un po' per mezzo della stampa settimanale, un po' con altre armi, siamo riusciti in gran parte a mutar questo stato di cose.
Il tuo giovanotto è stato abituato, fin da ragazzo, ad avere nella testa una dozzina di filosofie irriconciliabili fra di loro, che danzano insieme allegramente.
Non considera le dottrine come, in primo luogo, "vere" o false", ma come "accademiche" o "pratiche", "superate" o "contemporanee", "convenzionali" o "audaci".
Il gergo corrente, non la discussione, è il tuo alleato migliore per tenerlo lontano dalla Chiesa.
Non perder tempo nel tentare di fargli pensare che il materialismo è VERO! Mettigli in mente che è forte, o robusto, o coraggioso - che è la filosofia del futuro.
E' di questo che si preoccupa.
Il male della discussione è che essa convoglia tutta la lotta sul terreno del Nemico.
Anche Lui sa discutere; mentre in quel genere di propaganda veramente pratica, alla quale sto accennando, Egli si è dimostrato, da secoli, di molto inferiore al Nostro Padre che sta Laggiù.
Il fatto stesso di discutere sveglia la ragione del tuo paziente, e, una volta che sia sveglio, chi può prevedere i risultati che potrebbero seguire? Anche se in qualche caso specifico un seguito di ragionamenti può esser distorto in modo da farlo finire in nostro favore, t'accorgerai d'aver rafforzato nel tuo paziente l'abito fatale di prestar attenzione ai problemi universali e di allontanarlo dalla corrente delle immediate esperienze sensibili.
Il tuo lavoro dev'essere quello di fissar la sua attenzione su questa corrente.
Insegnagli a chiamarla "la realtà della vita", senza permettere che si chieda che cosa intende dire quando dice "realtà".
Ricordati che non è, come te, un puro spirito.
Non essendoti mai fatto uomo (Ah! quell'abbominevole vantaggio del Nemico!) tu non puoi capire come gli uomini sian schiavi dell'urgenza delle cose ordinarie.
[...]
Capisci ora ciò che voglio dire? Grazie a quei procedimenti che abbiamo cominciato a far operare in loro secoli fa, per loro è ormai quasi impossibile credere a ciò che non è ordinario, mentre ciò che è ordinario gli sta davanti agli occhi.
Continua a battere il chiodo della ORDINARIETA' delle cose.
Soprattutto guardati bene dal fare il tentativo di usar della scienza (voglio dire delle vere scienze) come di una difesa contro il Cristianesimo.
Quelle scienze altro non potrebbero fare che incoraggiarlo a pensare alle realtà che non può toccare né vedere.
Sono avvenuti tristi casi fra i moderni studiosi di fisica.
Se deve guazzar nella scienza, mantienilo nell'economia e nella sociologia; non permettere che s'allontani da quell'impagabile realtà della vita.
L'ideale è, naturalmente, di non fargli leggere neppure una riga di veramente scientifico, ma di infondergli l'idea generale grandiosa che egli conosce tutta la scienza, e che ogni cosa che gli avvenga di raccogliere in conversazioni casuali o nelle letture è "i risultati della moderna investigazione".
Ricordati bene che il tuo dovere è di ubriacarlo.
Dal modo con il quale alcuni di voi giovani demoni parlate si potrebbe pensare che la nostra occupazione sarebbe quella d'INSEGNARE! Tuo affezionatissimo zio BERLICCHE.

Tratto da "Le lettere di Berlicche" di C.S. Lewis.

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