Colin era troppo piccolo per capire. Aveva perso la madre troppo presto, e del padre nemmeno si ricordava. Aveva fame, troppa fame. Quei pasti che gli procurava la madre per lui erano diventati come delle chimere. Solo e spaventato aveva vagabonsato a lungo alla ricerca della dispersa genitrice. Troppe insidie in questo mondo. Ogni giorno assistiamo impassibili a troppe malvagità. Ma lui, Colin, non sapeva neppure cosa fosse una malvagità.
Lo domandava in continuazione, ma non gli rispondevano. Era ancora lì, solo ed affamato. Ma ecco che un gruppo di uomini lo nota. Tra loro riconosce sua madre, è convinto sia lei. Poverino, non ricordava neppure che faccia avesse, per lui qualsiasi cosa poteva somigliarle.
Decise così di restare con loro, con quella che credeva fosse la mamma. Quegli uomini sembrava avessero cura di lui, ma si comportavano in modo troppo strano... cercavano in continuazione di allontanarlo, di mandarlo via, e lui non ne capiva il motivo.
Piangeva il piccolo, si lamentava, ma la madre non gli rispondeva. Era lì, impassibile. Ha dubitato più volte di quella femmina, se veramente era sua madre, perché non lo rispondeva? Niente. E quegli uomini, continuavano a spingerlo via. Aveva fame, troppa fame. E la madre non lo allattava. Forse non ci teneva più a lui, aveva forse fatto qualcosa di sbagliato?
Col tempo le forze diminuivano sempre più, e Colin decise di smetterla di lamentarsi. Basta frignare si disse. Restò lì accanto, fin quando un gruppo di uomini non si riavvicinò.
Con loro portavano la morte. Colin poteva sentirla. Ma non oppose resistenza. «Ormai è inutile continuare a vivere», si disse. Si lasciò andare e non oppose resistenza. Morì così: distante dalla madre e triste per una sorte a lui avversa. Affamato e ferito dagli squali... perchè Colin era un balenottero, e quella che aveva scambiato per la madre era uno yacht.
Navibar
venerdì 22 agosto 2008
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