Navibar
sabato 29 novembre 2008
martedì 25 novembre 2008
Requiem per Batman
Tratto dal Corriere, di Francesco Tortora
La sua morte è stata annunciata. Adesso i fan aspettano con ansia il nome del suo killer e temono il peggio. Dopo 70 anni di epici scontri nelle strade gotiche di Gotham City per sconfiggere la criminalità, Batman troverà la morte: lo ha dichiarato Grant Morrison, scrittore scozzese che dal 2006 sceneggia le storie della serie dedicata all'uomo-pipistrello. La dipartita del celebre supereroe avverrà nel prossimo numero del fumetto pubblicato in America dalla DC Comics che sarà in edicola da mercoledì con il titolo di Batman Rip. Ciò che preoccupa i fan di Batman è la voce sempre più insistente che a uccidere il popolare eroe sarà nientemeno che Robin, il fidato compagno di mille battaglie.
PRONOSTICI - Secondo fonti molto vicine alla DC Comics, Batman avrà una morte lenta e macabra e l'autore di tale scempio sarà proprio Robin, passato dalla parte dei «cattivi» che lo ucciderà dopo una terribile e storica battaglia. Altre voci invece affermano che a togliere la vita all'alter ego di Bruce Wayne, il ricco industriale che opera a Gotham City, sarà un misterioso personaggio chiamato Black Glove, creato ad hoc per far scomparire dalla scena il supereroe. Infine c'è chi sostiene che Batman non morirà, ma proprio come una persona che ha speso tutta sua vita a lavorare (la sua prima storia è stata pubblicata negli Usa nel 1939) si godrà la pensione in tranquillo luogo americano e un nuovo personaggio dei fumetti lo sostituirà come paladino della giustizia a Gotham City.
SUSPENSE - Morrison, che è stato, tra l'altro, autore di altri celebri fumetti come alcune avventure di X-Men della Marvel e di Superman sempre per la DC Comics, ci tiene a mantenere alta la suspense e afferma che i principali candidati come killer dell'uomo pipistrello sono Tim Drake (il terzo ragazzo a vestire i panni di Robin) e Dick Grayson, il primo e miglior allievo di Batman, che si guadagnò il titolo di «Boy Wonder» (ragazzo meraviglia) prima di diventare il supereroe Nightwing. «Ciò che gli ho riservato è un destino peggiore della morte», dichiara Morrison al Comic Book Resources, sito web dedicato ai principali fumetti americani. «Accadranno cose che nessun vorrebbe che capitassero a questi eroi». I fan si potranno consolare pensando che Batman non è il primo supereroe a morire: è capitato già a Capitan America, colpito a morte da un cecchino l'anno scorso nelle strade di New York e al mitico Superman, che fu ucciso nel 1992 dall'alieno Doomsday. Tuttavia nelle serie successive l'Uomo d'Acciaio resuscitò e continuò a portare avanti la sua missione: salvare l'umanità. I fan più accaniti di Batman sognano per l'uomo pipistrello un destino simile.
venerdì 21 novembre 2008
Freddura I
Qual è la differenza tra un matematico, un fisico ed un informatico? Davanti ad un problema il matematico cerca di ricondurlo ad una formula matematica, il fisico cerca di risalire al fenomeno fisico che lo ha prodotto, l'informatico spegne e riaccende.
sabato 15 novembre 2008
Scatto deciso
venerdì 14 novembre 2008
Scusate il ritardo
Be', so bene non vi importi, ma siccome state leggendo questo pezzo ho ritenuto opportuno ammorbarvi con le mie incredibili manie di grandezza etc etc...
Ciancio alle bande, ho un paio di novità per il blog.
Inizio col premettere che la Bolgia avrà due nuovi componenti, un nuovo redattore specializzato in una-sezione-che-solo-io-so, ed un altro specializzato in-una-cosa-che-solo-io-e-dedalus-sappiamo.
Ci sono dunque grandi sorprese in arrivo,
vi lascio co 'sto pezzo va...
mercoledì 12 novembre 2008
martedì 11 novembre 2008
Gli assassinii della Rue Morgue
"Quale canzone cantassero le sirene, o quale nome assumesse Achille quando si nascose tra le donne per quanto problemi sconcertanti, non sono al di là di ogni congettura".
Sir Thomas Browne
Le facoltà mentali che definiamo analitiche, sono, di per sé, poco suscettibili di analisi. Le apprezziamo unicamente nei loro effetti. Sappiamo fra l'altro che, per chi le possiede in misura straordinaria, costituiscono sempre una fonte di vivissimo godimento. Come l'uomo forte esulta delle sue doti fisiche, dilettandosi di quegli esercizi che chiamano in causa i suoi muscoli, così l'analista si compiace di quell'attività mentale che districa. Egli trae piacere da qualsiasi occupazione, anche la più banale, purché metta in azione il suo talento. E' appassionato di enigmi, di rebus, di geroglifici, nel risolvere i quali da prova di acumen che può apparire soprannaturale a un'intelligenza comune. I risultati che egli consegue applicando l'essenza, l'anima stessa del metodo, hanno in realtà tutta l'aria dell'intuizione.
La facoltà di risoluzione è forse molto rinforzata dallo studio della matematica, e in particolar modo dal ramo più nobile di essa che, ingiustamente, e solo a causa del processo a ritroso delle sue operazioni, è stata definita analisi, come se lo fosse per eccellenza. Eppure calcolare non è di per sé analizzare. Un giocatore di scacchi, per esempio, esegue il primo procedimento senza ricorrere al secondo. Ne segue un'interpretazione completamente errata degli effetti che il gioco degli scacchi ha sulla struttura mentale dell'individuo. Non intendo qui scrivere un trattato, ma semplicemente introdurre, con delle osservazioni, fatte molto a casaccio, un racconto un po' strano; colgo quindi l'occasione per sostenere che le facoltà più elevate dell'intelligenza riflessiva sono messe alla prova più a fondo e con maggiore utilità dal gioco più modesto della dama piuttosto che dall'elaborata frivolezza degli scacchi. In quest'ultimo gioco, dove i pezzi si muovono con mosse diverse e BIZZARRE, secondo dei valori vari e variabili, ciò che è soltanto complesso viene scambiato (errore piuttosto comune) per ciò che è profondo.
Si richiede qui la massima capacità d'attenzione. Distrarsi per un attimo significa commettere una svista da cui deriverà un danno o una sconfitta. Poiché le mosse possibili non sono soltanto molteplici, ma anche complesse, le occasioni per simili sviste si moltiplicano, e nove volte su dieci vince la partita non il giocatore più acuto, ma quello che sa maggiormente concentrarsi.
Nel gioco della dama, invece, dove il movimento è UNICO e consente poche variazioni, le probabilità di distrazioni sono minori, e dal momento che la semplice attenzione viene impegnata solo relativamente, i risultati ottenuti da entrambi gli avversari sono attribuibili soltanto a una maggiore dose di acumen. Per toglierci dall'astratto: immaginiamo una partita a dama dove i pezzi siano ridotti a solo quattro dame, e dove naturalmente non ci sia da aspettarsi alcuna svista. E' chiaro che qui la vittoria sarà decisa (dal momento che i giocatori si trovano su un piano di parità) da una mossa ' recherchée ', risultato di un eccezionale sforzo mentale. Non potendo valersi dei consueti stratagemmi, l'analista s'insinua nello spirito dell'avversario, si identifica con esso, e non di rado vede così, a colpo d'occhio, l'unica mossa (a volte assurdamente semplice) mediante la quale può indurlo a commettere un errore o affrettare un calcolo sbagliato.
Da molto tempo si è notata l'influenza che lo ' whist ' esercita su ciò che viene definita capacità di calcolo; e si sa che uomini dotati di eccezionale intelligenza, mentre disdegnavano come frivoli gli scacchi, ricavano da questo gioco un piacere apparentemente inspiegabile. Senza dubbio non c'è nulla del genere che riesca ad impegnare altrettanto profondamente la facoltà dell'analisi. Il miglior giocatore di scacchi della cristianità non sarà nulla di più del miglior giocatore di scacchi; ma il grado di eccellenza nello whist implica una probabilità di successo in tutte quelle imprese tanto più importanti in cui una mente umana si trova a fronteggiarne un'altra. Per grado di eccellenza intendo quella perfezione che presuppone la conoscenza di TUTTI gli espedienti del gioco da cui si possono trarre vantaggi legittimi. Questi non sono soltanto molteplici, ma multiformi, e si celano sovente in abissi di pensiero del tutto impenetrabili all'intelligenza ordinaria. Osservare con attenzione significa ricordare distintamente; e sotto questo aspetto il giocatore di scacchi riuscirà molto bene nello whist perché sa concentrarsi; d'altra parte le regole di Hoyle (basate sul puro e semplice meccanismo del gioco) sono in genere sufficientemente chiare a tutti. Così, avere una memoria incisiva e attenersi al regolamento di gioco sono due requisiti che sembrano definire il buon giocatore per eccellenza. Ma è oltre i limiti delle regole che l'abilità dell'analista si manifesta. In silenzio egli fa tutte le sue osservazioni e deduzioni; altrettanto forse fanno i suoi avversari; ma la differenza nella portata delle indicazioni così ottenute non consiste tanto nella validità della deduzione quanto nella qualità dell'osservazione. Quel che è necessario sapere è che cosa si deve osservare. Il nostro giocatore non si pone limiti, né, per il fatto che il gioco è l'oggetto primo della sua concentrazione, egli manca di trarre deduzioni da fattori estranei alla partita. Scruta l'espressione del suo compagno, confrontandola attentamente con quella di tutti i suoi avversari.
Osserva il modo in cui ciascuno ordina le proprie carte, contando sovente un atout dopo l'altro e un punto dopo l'altro dalle occhiate che via via vi lanciano quelli che ne sono in possesso.
Nel corso del gioco non si lascia sfuggire le minime alterazioni dei volti, traendo le sue prime considerazioni in base al loro atteggiarsi ad espressioni di sicurezza, di sorpresa, di trionfo o di dispetto. Dal modo di raccogliere un'alzata giudica se la persona che la prende ha o no la possibilità di combinarne un'altra. Riconosce la carta che viene giocata per ingannare dal modo con cui essa viene gettata sul tavolo. Una parola buttata là per caso o pronunciata inavvertitamente; una carta caduta o scoperta accidentalmente che venga quindi nascosta con nervosismo o con indifferenza; il conteggio delle alzate, l'ordine in cui si succedono; imbarazzo, esitazione, prontezza o ansia - tutto serve alla sua percezione apparentemente intuitiva per trarre indicazioni sullo stato effettivo delle cose. Dopo che sono state giocate le prime due o tre mani, egli conosce alla perfezione le carte di cui ciascuno dispone, e da quel momento può buttar giù le sue seguendo un piano così preciso come se il resto della compagnia giocasse a carte scoperte. Il potere di analisi non dovrebbe essere confuso con la semplice ingegnosità; poiché mentre l'analista è necessariamente ingegnoso, l'uomo ingegnoso è sovente notevolmente incapace di analisi. La capacità di ricostruzione o di combinazione, attraverso cui si manifesta comunemente la ingegnosità, e alla quale i frenologi hanno assegnato (a torto, direi) un organo separato, considerandola una facoltà primordiale, è stata riscontrata tante volte in persone il cui livello intellettivo sfiorava - per il resto - l'idiozia, da attirare l'attenzione di tutti gli scrittori di psicologia. Tra le ingegnosità e l'abilità analitica esiste in effetti una differenza ancor più notevole di quella che corre fra la fantasia e l'immaginazione, benché di un genere strettamente analogo. Si constaterà difatti che l'uomo ingegnoso è sempre pieno di fantasia, mentre l'uomo veramente ricco di immaginazione non è mai altro che analitico. [...]
Testo tratto da http://digilander.libero.it/davis2/lezioni/letteratura/moderna/I%20delitti%20della%20rue%20morgue.htm
Nota. Non so di chi sia questa traduzione, ma per una lettura integrale del racconto consiglio quella di Delfino Cinelli.
sabato 8 novembre 2008
venerdì 7 novembre 2008
Meglio che lasci parlare lui
di Curzio Maltese
I bookmakers in questi casi non accettano scommesse. Da mesi, in previsione dell'evento storico dell'altra notte, si aspettava la prima gaffe di Silvio Berlusconi sul colore della pelle del nuovo presidente americano. Il Cavaliere non delude mai le peggiori aspettative e la battuta è arrivata. L'unica sorpresa è la tempistica. Ad appena ventiquattr'ore dall'elezione il premier se n'è uscito con la storia di Obama "abbronzato". Non è la solita cafonata alla quale ci ha abituato e ci siamo ormai rassegnati da lustri. È una definizione grondante di razzismo.
Il peggior razzismo, quello semi inconsapevole e quindi assai autoindulgente che dilaga in Italia, fra la preoccupazione del resto del mondo. Una malattia sociale che un governo responsabile dovrebbe combattere, invece di sguazzarci con gusto.
Scontata la gaffe, ovvia la reazione. In simili frangenti Berlusconi adotta due reazioni standard. La prima: non l'ho mai detto. È la più assurda, ma paradossalmente efficace (in Italia). Come fai a discutere con uno che nega se stesso? La seconda è: l'ho detto ma non avete capito.
Stavolta ha usato questa. "Abbronzato era un complimento, una carineria" ha spiegato ai soliti cronisti bolscevichi. "E se non lo capite, allora andate a fare...". Sommando così carineria a carineria.
S'intende che "andare a fare" è detto con affetto. Con eguale affetto i giornalisti potrebbero ricambiare l'invito, ma probabilmente le giustificazioni valgono solo dall'alto verso il basso.
Non stiamo a farla lunga. Non si tratta solo di vergogna. Chi ne ha ancora la forza? È piuttosto la disperazione di essere ogni volta precipitati in questo indegno pollaio. Gli elettori americani in un giorno hanno cambiato la storia del mondo. L'avvento del figlio di un africano alla Casa Bianca sta spingendo miliardi di persone, pur nel mezzo di una crisi spaventosa, a interrogarsi sui valori profondi della democrazia, la più straordinaria conquista dell'umanità, in fondo a un cammino secolare di sangue e intolleranza. E il contributo dell'Italia berlusconiana a questo grandioso dibattito qual è? Questa miserabile trovata, volgare e razzista, senza neppure il coraggio dell'assunzione di responsabilità o la dignità di porgere le scuse.
Non bastava la sortita a caldo del ministro Gasparri, il quale, confondendo le proprie ossessioni di ex fanatico fascista con la competenza internazionale, aveva commentato "sarà contento Bin Laden". Ci voleva pure lo strazio supplementare della "battuta" di Berlusconi, che ha ormai girato il mondo, con danno enorme per il Paese. In pochi minuti infatti la rete ha deluso la speranza residua, che non lo prendessero sul serio, come altre volte. Come siamo abituati a fare qui, rassegnati a non scandalizzarci per lo scandalo, a non chiamare fascismo il fascismo, razzismo il razzismo.
C'era stata la rincorsa provinciale ad appropriarsi di Obama. Tutti si proclamano o cercano l'Obama italiano, a destra e a sinistra. Quando in Italia un Barack Obama non avrebbe neppure il diritto di voto. I figli d'immigrati, 440 mila fra nati e cresciuti qui, non sono considerati cittadini italiani, per via del medievale ius sanguinis. Lo ricordiamo nell'ipotesi, piuttosto remota, in cui fra le centinaia di obamisti dell'ultima ora si trovasse un politico serio. Ecco l'occasione per proporre finalmente una legge civile in materia d'immigrazione.
A cominciare dal presidente del Consiglio, i cui molti cantori hanno illustrato nei giorni scorsi alle masse ammirate le straordinarie analogie fra Berlusconi e Obama. Come non scorgere, del resto, l'assoluta comunanza delle due parabole. Il figlio di un pastore kenyano che arriva alla Casa Bianca a soli 47 anni e promette di cambiare il mondo. E l'uomo più ricco d'Italia che a 72 anni, con il solo aiuto del novanta per cento dei media da lui controllati, torna a Palazzo Chigi, dopo aver cambiato i capelli. È naturale che Berlusconi abbia adottato Obama, ripromettendosi di dargli presto "buoni consigli". Incrociamo le dita perché non avvenga, nell'interesse stesso del premier. Non si sa come la Casa Bianca potrebbe reagire a una frase del tipo: "Vieni, abbronzato, che ti spiego come non farsi processare".
Che fare? Vergognarsi per loro, ridere, piangere. Fingiamo pure che tutto sia normale. Però quanto stringe il cuore ascoltare il nobile discorso dello sconfitto McCain: "Il popolo ha scelto. Ho avuto l'onore di salutare il nuovo presidente degli Stati Uniti. È una giornata storica". Non si potrebbe avere un giorno un conservatore come questo a capo della destra italiana, anche di seconda mano?
(da la Repubblica del 7 novembre 2008)
giovedì 6 novembre 2008
Goodbye Blue Sky
mercoledì 5 novembre 2008
martedì 4 novembre 2008
Se vince il Nero
Se vince il Nero, la crisi finirà. Se vince il Nero, ci sarà sempre il sole e comunque la pioggia cadrà più lieve. Se vince il Nero, la Gelmini ritirerà il decreto e sposerà un maestro veramente unico, Colaninno comprerà la Lufthansa, i banchieri pagheranno i mutui dei clienti, e gli arbitri convalideranno i gol del Toro. Se vince il Nero, Sabina Guzzanti ricomincerà a far ridere, ma soltanto in inglese, e Carla Bruni affitterà una mansarda accanto alla Casa Bianca, casomai. Se vince il Nero, i deboli di stomaco digeriranno anche il soffritto e i divorziati si metteranno di nuovo insieme. Se vince il Nero, ogni impresa diventerà possibile, persino prendere un treno regionale in orario. Se vince il Nero, gli automobilisti in coda manderanno baci dai finestrini, i petrolieri faranno la raccolta differenziata e le modelle smetteranno di tenere il broncio nelle sfilate. Se vince il Nero, i ghiacciai ghiacceranno, i buchi dell’ozono si tapperanno e l’effetto-serra cambierà vocale, diventando affettuoso.
Se vince il Nero, non accadrà nulla di tutto questo, lo so. Eppure, se vince il Nero, sarà come per lo sbarco sulla Luna: le vite degli uomini resteranno ferme, ma l’umanità avrà compiuto un passo avanti. Se poi il Nero si rivelerà all’altezza della sua bella faccia, a cui ognuno impresta le proprie speranze, e sarà costretto dalle aspettative degli altri a trasformarsi nel primo statista del secolo, allora avremo vinto tutti davvero. Sempre che vinca, il Nero.
Massimo Gramellini
lunedì 3 novembre 2008
Twin Peaks
Alzi la mano chi non l'ha mai visto.
Già, siete in troppi.
Vedete di rimediare.
Lo sport uccide
Sì, se siete Felipe Massa o degli sfigati alla Francesco Marigliano. Ma mentre nel primo caso stavate rischiando di vincere un mondiale nonostante la vostra incapacità - e nel secondo siete troppi ebeti per deprimervi- nessun pensiero può confortare il povero tifoso sfegatato che rischia di morire davanti alla tv. E nessuno, nel mondo lindo e salutista dello sport, si è preoccupato di denunciare tale Timo Glock perchè rischiava di ammazzare Babbo Massa e Vincenzo Terracciano.
Per non parlare di Rocchi. E del cretino con la bandierina che lo accompagnava.
E poi, fatemi capire una cosa: perchè nessuno spiega a Galliani che gli arbitri gli hanno regalato 6 - dico SEI - punti in una settimana? Fossi uno juventino, o Messi, gli sputerei su quel capolavoro di calvizie che lo schernisce già ogni giorno.
La morale, putroppo, è che lo sport uccide per davvero. Non come rischiava di fare con Maradona che per grazia ricevuta, da reietto grasso e drogato qual'era, si ritrova chissacome sulla panchina della Seleccìon.
No, lo sport è molto più subdolo.
Ti raggiunge mentre sei calmo e beato sul divano di casa tua, ti appresti a baciare per sempre l'immagine di Vettel e ti ritrovi a odiare Hamilton finanche ( o soprattutto?) per la sua ragazza.
E poi mi dicevano di smettere di fumare.